Centro Allende: da spazio sociale a vetrina commerciale




Dicono sarà lasciato spazio alle iniziative esterne: 10 giorni su 365. Dicono sarà un co-working: previsti ampi stand gastronomici.
Dicono si farà cultura: a costo zero e funzionale all'indotto turistico.
Dicono sarà un percorso partecipato: ma cosa farci e come farlo è già ampiamente delineato.

Al "Centro S.Allende" abbiamo organizzato iniziative, feste, conferenze, seminari; sotto ai pini del suo parco abbiamo passato serate d'estate, visto film e ascoltato concerti. Uno spazio da recuperare ma indiscusso snodo e punto di riferimento della cittadinanza.

Con il via libera del Comune a 18 anni di concessione, invece, viene ceduto un luogo strategico per la vita culturale e associativa a una cordata di noti "capitani coraggiosi" che ha le idee molto chiare. Fare del posto una via di mezzo tra un duty free e un banco delle informazioni turistiche; una sorta di interporto a uso e consumo del turismo veloce e di massa. A due passi dal centro, dal Porto Mirabello, dalle crociere e luogo di passaggio obbligato, è pensato come una vetrina per le imprese che lavorano nel settore, per vendere e farsi pubblicità. Da luogo rivolto alle iniziative promosse da diverse anime della cittadinanza attiva, spazio dove si coltivano legami sociali e collettivi, sembra destinato a diventare un luogo "di seduzione", utile ad attirare e trattenere il passante e il turista, facendolo immergere in una tipologia di esperienza mordi e fuggi, compulsiva e individualistica.

Tutto viene esposto come se fosse normale anzi, come se fosse la soluzione migliore, più innovativa e "cool" per le nuove esigenze produttive e imprenditoriali. Il luogo dove un’intera città - per più di mezzo secolo - ha potuto incontrarsi e vivere le sue passioni sociali e politiche, si trasforma in uno spazio dove l’esperienza preponderante è quella del consumo. Il rischio che stiamo correndo è che le radici che collegano il Centro Allende alla storia di questo territorio siano recise. Che il cuore sociale della Spezia sia ceduto all’interesse privato.

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Sarebbe questa la visione strategica di città? Tutto dovrebbe essere orientato a una affannata e scomposta conversione turistica funzionale all'imprenditore di turno? Pensiamo che il destino degli spazi pubblici sia quello di essere ceduti per fare profitto in cambio, forse, di qualche concerto o saltuarie concessioni?

L'Amministrazione e i capitalisti locali che stanno prendendo lo spazio hanno fatto bene i loro conti. Costa meno l'assegnazione di un posto del genere che comprarlo o affittarlo; il futuro è il turismo di massa quindi le risorse infrastrutturali cittadine (dalle banchine, ai lungomare, agli spazi strategici) devono servire a sostenerne la crescita; il centro storico, in particolare, va svuotato di tutto ciò che non risponde a questa strategia, a tutto ciò che non è valorizzabile col profitto.

Contro questo consueto uso privatistico, queste sottrazioni, queste "recinzioni" spacciate per utilità pubblica, serve una visione diversa di città e degli spazi culturali. Pretendere che questi vengano posti al centro dei nuovi processi di urbanizzazione, affermando il diritto a decidere sul loro futuro senza arrendersi a chi vorrebbe calarlo dall'alto. Ribadire il ruolo decisivo che hanno per la vita culturale e associativa quale valore di crescita indipendente da profitto e produttività. Fare in modo che siano luoghi accoglienti e accessibili in qualsiasi momento dell'anno in quanto patrimonio, fino in fondo, della comunità. 

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